“Tutto si trasforma, nulla perisce. Lo spirito vaga […] e s’infila in qualsiasi corpo, e dagli animali passa nei corpi umani e da noi negli animali, e mai si consuma…”. (Le Metamorfosi Publio Ovidio Nasone)

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METAMORFOSYS ripercorre il mito ovidiano in una mutata forma,  raccontando, in una riscrittura scenica performativa, a una nuova genesi dell’umanità proiettata in una delle possibili dimensione del futuro prossimo, quello in cui la realtà fenomenica soccombe alla sua immagine virtuale affidata alla Rete. La Rete non detiene solo dati numerici, ma l’intero Sapere comune e, sempre più, pensieri, ricordi, segreti, relazioni, sentimenti e arte che in rete scambiamo o custodiamo come summa di bit nella Memoria virtuale globale.

Memoria è nell’ipotetico futuro la nuova divinità: non solo depositaria del Sapere umano, l’Albero della Conoscenza che nel mito  ha condannato l’archetipo umano alla perdizione, ma anche delle espressioni e dei sentimenti che gli esseri umani le hanno affidato nel tempo. Gradualmente  l’Homo-Sapiens cede  il passo all’Homo-Machina, combinazione di impulsi elettrici che lo tengono connesso ineluttabilmente alla Memoria centrale, traendo dal sapere umano che gli viene trasmesso  il senso di un’esistenza continuamente mutevole e incerta,  in balia degli eventi, vittima del gioco del caso o del capriccioso arbitrio degli dei.  

Si giunge, dunque, al concetto di ‘caduta’ degli esseri umani nella mutevolezza, nel supplizio dell’esistenza, ‘nell’eterno divenire dell’eterno’, dall’origine del mondo fino ai giorni della società contemporanea. Silvia Martina (Periodico Italiano)

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Iperconnessi ma sempre più soli, quindi, in un mondo che Bauman definiva liquido, dove la memoria è affidata alla rete. Solo il coraggio di rinascere a nuova vita, riconoscendo i nostri  limiti, ci porterà a ritrovare noi stessi, gettando la maschera e ritrovando una perduta umanità.

Elena D’Elia (Brainstorming Culturale)

 

METAMORFOSYS

Ideazione e regia / Vittoria Faro
Performer / Luigi Biava // Cecilia Mati Guzzardi // Carola Ripani // Giacomo Mattia // Elisabetta Ventura

1-La Genesi

2- Deucalione

3- La nascita di Pirra

4- Apollo e Dafne

5- Callisto e Artemide

 

In scena:

Roma Fringe Festival 2017

Teatro Studio Uno Roma

photo Sergio Battista

Lo spettacolo rivela un ‘horror-vacui’ da terzo millennio e un immaginario fantascientifico che, tuttavia, ha il merito di non perdersi in una ‘leziosità.0’, nel mero simbolismo a ornamento dei gesti. Ciò che rimane è una critica piuttosto pessimista, che considera l’umanità composta da spettri che si muovono in una cornice, al contempo, dark virtuale, quasi gotica. Spasmodico. Silvia Martina (Periodico Italiano)

 

 

Photo  Elena Muneghina

 

I personaggi di “Metamorfosys.0” prendono vita all’improvviso, uscendo da involucri di plastica: sono tutti figli di nessuno, nudi, “cloni”, “prototipi” – ci spiega l’autrice – “esseri dotati di un corpo ma senza anima”. Potrebbero essere Deucalione e Pirra, unici superstiti di un terribile diluvio, potrebbero essere i primi due esseri viventi come Adamo ed Eva, potrebbero essere chiunque. Il luogo al quale approdano probabilmente li deluderà: un mondo virtuale dove ci si proietta nella realtà attraverso degli avatar, per sconfinarla, essere liberi di dar vita e sfogo a ogni pensiero, anche il più crudele. In un futuro che si rivelerà presto una prigione nera. Alessandra Quintavalla (Saltinaria)

 

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photo Sergio Battista

A volte accade. A volte accade che due persone che assistono al medesimo spettacolo possano avere opinioni diverse. Al Roma Fringe Festival 2017 all’interno della nostra redazione è accaduto proprio questo. La rappresentazione in questione è Metamorfosys.0, la quale ha saputo veramente scuotere le menti.

Chi da una parte pensa che il classico non vada troppo stravolto, dall’altra c’è chi fa un’analisi di come esso possa essere modificato nel tempo, in quanto, in questo caso, Ovidio è trasposto in un futuro prossimo, in una realtà che sembra virtuale, ma tanto virtuale non è. Ci ritroviamo, infatti, già iperconessi,

Sono giunte così due recensioni che ho deciso di inserire nel medesimo tempo, perché ritengo giusto che sia l’urgenza di scrivere sull’esibizione, sia ricevere un altro pensiero e contestualizzazione, possano essere funzionali ai lettori, aiutandoli così a capire il messaggio della regista Vittoria Faro nelle sue insite differenze. 

Annalisa Civitelli – Brainstorming Culturale